Lo scorso anno sono stato truffato nell’acquisto di un telefono cellulare su internet.
Ho denunciato presso la polizia postale l’accaduto con dovizia di particolari, nomi, cognomi, codice fiscale, numeri di telefono, indirizzo IP del sito della fantomatica azienda elettronica che per mesi ha campeggiato indisturbata su internet (anche dopo la mia denuncia), “Iban” del venditore su cui ho versato la somma per l’acquisto.
Ovviamente, nessuno è stato perseguito. Ho provato ad attivarmi autonomamente, scoprendo un blog in cui centinaia di consumatori denunciavano di aver acquistato apparecchi elettronici, ma anche stufette elettriche, condizionatori, ecc.
Tutti i “truffati” sottolineavano la stessa cosa: la presenza delle coordinane bancarie (Iban), li aveva indotti ad una particolare fiducia nei confronti del venditore.
E’ evidente che un Iban, e quindi un conto corrente bancario, fanno pensare ad una tracciabilità e quindi una garanzia di sicurezza dell’acquisto.
Niente di più sbagliato.
Approfondendo le ricerche scopro che una società “CARTALIS” in sinergia con Lottomatica e Banca Sella, unica in Europa con una particolare “deroga” che possiede solo tale società, emette delle singolari carte prepagate, dotate di un Iban, pur non corrispondendo sotto il profilo legale ad un reale conto corrente.
Inviata una mail alla società Cartalis, denunciando il comportamento truffaldino del proprio cliente, inviando copia della denuncia sporta presso la polizia postale, mi viene risposto che il “prodotto” da loro commercializzato è perfettamente legale, e che fino alla ricezione di una contestazione da parte della autorità giudiziaria, non possono mettere in atto nessuna azione nei confronti del loro cliente.
E’ possibile che se esco da una cartoleria senza lo scontrino fiscale per l’acquisto di un foglio protocollo, la Guardia di Finanza può perseguirmi e una truffa legalizzata di centinaia di migliaia di euro non può essere perseguita?
E’ possibile che la movimentazione di ingenti somme da parte di “clienti” che cambiano con regolarità nominativi e codici fiscali, pur mantenendo inalterati enormi giri di “affari”, non insospettisca nessuno?
Le autorità di controllo bancarie, con eccezione della Cartalis, non avrebbero un interesse a tutelare la sicurezza dei correntisti che ovviamente non acquisterebbero mai un prodotto su internet versando il loro denaro su una comune carta ricaricabile, che come tutti sanno si può ottenere mostrando un documento contraffatto e un codice fiscale di fantasia?
Perché Cartalis, e solo lei in Europa, può commercializzare un prodotto che ha le caratteristiche di un conto corrente … senza esserlo?